Decreto dignità: cosa cambia per i contratti a termine

Ritorna la causale per i contratti superiori ai 12 mesi

Tra i provvedimenti più importanti contenuti nel Decreto Dignità c’è una stretta sui contratti di lavoro a tempo determinato.

I contratti a termine, detti “a causale”, avranno una durata non superiore ai 12 mesi, prorogabili a 24 mesi solo in presenza di particolari motivazioni:
• esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività;
• ragioni sostitutive;
• esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

L’assenza di una delle causali giustificatrici per un contratto di durata superiore ai 12 mesi, lo trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato.

Ricorrere a un contratto a termine diventa più costoso per le imprese

Ogni rinnovo di contratto, a partire dal secondo, avrà un costo contributivo crescente dello 0,5%.

I contratti a termine potranno essere prorogati nell’arco dei 24 mesi per un massimo di 4 volte (non più 5 come nel caso del Jobs Act).

A partire dalla data di decorrenza della quinta proroga il contratto a tempo determinato si trasformerà in tempo indeterminato.

Per Confindustria, l’associazione degli imprenditori, le nuove regole saranno poco utili nel contrasto alla precarietà.

I contratti a tempo determinato, infatti, vengono resi più costosi, così come il licenziamento, mentre non viene fornito alcun incentivo per le assunzioni a tempo indeterminato. C’è il rischio che le imprese scelgano di alternare con più frequenza i lavoratori a termine con contratti di massimo 12 mesi per evitare le causali. Il risultato sarà di avere meno lavoro.